Quando le pratiche dividono oppure uniscono
La forma è sempre la stessa: quella "vetero-obsoleta" della lotta, per vedersi riconosciuto un diritto sancito e, proprio per questo, negato: il diritto di lavorare.
Non il diritto di essere sfruttati, ricattati, malpagati, semplicemente il diritto a lavorare per una vita dignitosa.
Sono presenti alla fondazione (per adesso tifiamo affinchè vada in porto, per adesso!) già diversi gruppi eterogenei del settore, eterogeneità che vuole essere punto di forza.
E sì, perchè noi possiamo pure pensare di attuare comportamenti per farci benvolere nelle cooperative, o chiedere, se possibile, di aumentarsi di qualche centesimo lo stipendio, oppure di formare noi una coop per accaparrarsi qualche briciola, ma non saremo mai artefici di nulla, se non riusciamo a capire che va scardinata una logica che stà alla base di tutto: il sociale non è un business.
Affarone da perseguire nei tempi di vacche grasse, e capitolo di spesa da sfrondare nei momenti di crisi.
E' sotto attacco l'idea stessa di welfare: il sociale non è strategico, non si possono sprecare risorse, quando i soldi sono pochi.
Non solo.
Ci sono realtà che, dopo aver raggiunto un punto che per noi oggi è una vana chimera, cioè un contratto a tempo indeterminato, si rendono conto che ancora una volta sono stati fregati da accordi del tipo la banca delle ore. Perchè ancora una volta sotto vi è una idea affaristica del servizio.
Operatori socio-sanitari, assistenti educo-culturali, assistenti specialistici di vario tipo, educatori professionali domiciliari e di comunità, chiunque opera nel sociale vuole vedere riconosciuto il proprio ruolo strategico, mantenere le specificità della propria figura come ricchezza, e non come strumento per rimanere divisi ed isolati, essere parte STRUTTURALE della società.
E' oggi fondamentale andare oltre la sopravvivenza, e pensare ad un salto di qualità della nostra figura, avere il comune intento di ESSERE RICONOSCIUTI, chi lavora nelle scuole al pari di qualunque lavoratore del settore, chi lavora in altri ambiti come attore di un disegno per il benessere di tutti.
Da educatore ho tanto lavorato spalla a spalla con assistenti sociali e psicologi dei Comuni:entrambi fondamentali, ma non con gli stessi diritti. Ma come sono arrivati ad ottenere il riconoscimento gli assistenti sociali, o i professori di sostegno, solo con la qualità del loro lavoro? Ma per favore!!!
La lotta non vuol dire non interloquire,anzi bisogna ottenere; la lotta non vuol dire spaccare tutto, anzi costruire; la lotta non vuol dire guerra a tutti i costi: la lotta vuol dire cambiare la status quo.
Quello status quo creato da interessi più forte dei nostri, interessi personali e non collettivi, interessi privatistici e non comuni.
Se pensiamo davvero che il solo parlare può convincere chi il potere lo detiene, allora alla prossima elezione continuiamo a votare "il nostro uomo", e continuiamo a prendere bastonate sui denti.
http://www.clashcityworkers.org/lotte/cosa-si-muove/933-coordinamento-operatori-sociale.html
e per alcune realtà che partecipano
https://www.facebook.com/educatori.educatoricontroitagli
https://www.facebook.com/pages/Operatori-Sociali-Non-Dormienti/213160178744114?hc_location=stream
https://www.facebook.com/pages/Manifestazione-a-Febbraio-degli-operatori-di-cooperative-sociali/128849573942380
http://educatorisenzadiritti.noblogs.org/
http://www.operatoresociosanitario.net/
http://educatoricontroitagli.blogspot.it/
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